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Fotografia di Roberto Barberini/Blow Up

Giovanni Sartori

Il grande balzo all’indietro

Anno
2014
Abstract

Le scelte suicide dell'Europa, gli inganni della finanza. Il mondo si disgrega e ritorna all'uomo pre-sapiens

Un bilancio dei problemi che assillano il pianeta: la scomparsa del lavoro, la natalità incontrollata, l'eclissi della razionalità

Ho sempre sostenuto che la scienza politica in particolare, e le scienze sociali in generale, dovevano essere o tentare di essere discipline predittive, capaci di prevedere, Science for what? Appunto, per guidare l’azione. Ma in questo ultimo scritto, forte dei miei novanta anni, intendo ricordare le vicende che ho vissuto e nelle quali sono stato coinvolto anche in prima persona.

I) Società industriale Il poco letto e mal capito Malthus viveva ancora nella società agricola. Non c’era la macchina, l’economia era tutta e soltanto economia prodotta dal lavoro manuale, tutt’al più aiutata dal bove che trainava l’aratro. L’invenzione della macchina sconvolse la società agricola. Le resistenze dei cosiddetti «luddisti» furono feroci. Ma all’inizio a torto. Le macchine richiedevano nuove macchine e quindi davano lavoro. Finché il mondo fu saturo di macchine che si riproducevano da sole. E allora? Allora venne escogitata la società dei servizi.

II) Società dei servizi Il gruppo dei sociologi che escogitarono questa nuova società era di alto livello mentale e culturale. Li conoscevo quasi tutti bene e li stimavo. Non ho mai ben capito se la società dei servizi fosse davvero una scoperta o anche vanagloria. Forse un poco di tutte e due le cose. Io la intesi come un modo di riassorbire la disoccupazione creata dalla società industriale.

All’inizio la trovata fu geniale. Ma creò, come prevedibile, una armata sempre crescente e sempre più parassitaria di burocrati. Come scrivevo già nel lontano 1993, il male era stato curato con un rimedio peggiore.

III) La grande marcia Anche la società dei servizi doveva esplodere. Fu trasformata nell’ideologia del globalismo. L’Unione Europea dei primi sei Stati contraenti era animata dalle migliori intenzioni, ma man mano divenne una estensione della società dei servizi. Alla quale forniva nuovo spazio in nome della globalizzazione, che divenne la nuova parola d’ordine.

Così nacquero Sei Stati indifesi: niente più dazi, niente più protezione; porte spalancate a tutti. In realtà la nozione di Stati uniti o confederali si è sviluppata più che altro come una ulteriore burocrazia, anche essa sempre più invadente e pervadente. Si noti che lo Stato dei Sei aperto e indifeso resta unico al mondo. Gli Stati Uniti sono a tutt’oggi autorizzati a imporre protezioni doganali. Solo i Sei si estendevano e volevano occupare nuovo territorio. Così oggi sono arrivati a lambire addirittura la Russia. Quando l’Unione Sovietica si azzardò a lambire Cuba, la zona di influenza degli Stati Uniti, tutti saltarono addosso a Cuba, tutti appoggiarono la reazione del presidente Kennedy. Eppure Cuba era uno Stato sovrano, libero di installare postazioni di missili nell’ambito del proprio territorio e nei limiti delle proprie acque territoriali. Ogni grande Stato ha diritto a un suo spazio di sicurezza. Oggi stiamo invece assistendo a una Unione Europea sempre più ingorda, appunto, di spazio sul quale agire e intervenire e che vorrebbe imporre alla Russia di lasciarsi portare via l’Ucraina che parla il russo.

Come dicevo, l’Unione Europea cerca sempre più spazio per la propria burocrazia. Ora pretende di arrivare sino ai confini della Russia. Con le pistole, si badi bene, pressoché scariche. Anche così non tollera nemmeno più zone cuscinetto, zone di rispetto.

IV) La grande abboffata Se l’economia industriale è morta, cosa resta? Resta l’economia finanziaria. Sono due cose diversissime. L’economia finanziaria è una economia speculativa. Il suo mercato è inevitabilmente il mondo. E i nuovi economisti si buttarono su questa pista. Lì si possono fare soldi a palate, speculando e manipolando i cambi. I nostri economisti sono oggi tutti di questo tipo. I nostri politici li assoldano come loro consiglieri e pagano lautamente i loro servizi. Possono accumulare cifre su cifre muovendosi con destrezza tra colossali patrimoni. E inventano, come tali, trappole e marchingegni di ogni sorta (come la vera e propria truffa dei cosiddetti derivati). Grazie anche alle tivù nelle quali spadroneggiano.

E poi? Poi niente. Consigliano di indebitarsi, e a chi fa presente che i debiti vanno alla lunga o alla distanza pagati, promettono nuovi miracoli e predicano che se c’è già recessione (come c’è), l’anno prossimo e quello successivo sarà passata. E promettono alle persone che perdono ogni giorno il lavoro che lo ritroveranno. Come? È una vendita di sogni, che vedi caso viene riusata pescando nel repertorio dell’economia all’antica.

Ma non è vero che il «vu cumprà», termine che viene addirittura bandito come dizione razzista (tra le cretinate è la più bella da ricordare, e ci tengo) non danneggia l’economia; per ogni «vu cumprà» che si afferma devono chiudere a ritmo impressionante i piccoli negozi che devono pagare un affitto e anche qualche tassa. Per uno che si salva, cento devono sparire. Davvero una ripresa.

V) La Chiesa suicida La vicenda della enciclica Humanae Vitae esternata da papa Paolo VI è stata raccontata più volte. È noto che il Papa radunò i maggiori teologi del suo tempo che conclusero che non aveva alcun fondamento nella dottrina. Tommaso d’Aquino distingueva già tra tre tipi e fasi dell’anima: anima vegetale, anima animale e, infine, anima umana. La terza anima poteva arrivare tardi, anche dopo la nascita. Dunque la dottrina tomistica distingue tre anime diverse in tempi diversi. Però il Papa, contro il parere dei suoi teologi, fece di testa sua. Ma sia chiaro, le encicliche non sono dottrine infallibili della Chiesa, possono anche essere dimenticate e lasciate cadere. Eppure gli ultimi Papi non solo difendono l’Humanae Vitae, ma ne estendono l’applicazione. Papa Francesco è simpatico e fa bene a smantellare la curia di Roma, ma sorvola sui massacri dei cristiani e preferisce battere le piazze dei «suoi». Lancia appelli oramai stantii e non consente contraccettivi né la pillola del giorno dopo. Già — dimenticavo — che siamo nell’età del globalismo. Forse gli ultimi Pontefici non sanno che Sunniti e Sciiti (nel mondo islamico) si scannano tra di loro da oltre mille anni.

VI) La colonizzazione insensata Quando gli Stati europei colonizzarono l’Africa, decisero al tavolino come andava spartita. Attorno a un tavolino disegnarono con un righello chi era chi, e cosa andava a chi. L’operazione fu fatta con il righello (eccezion fatta per il Congo belga, che fu addirittura acquistato dal re Leopoldo II). Ma la regola è stata tanto a me, tanto a te. Resta che confini disegnati da righe diritte sono una assurdità. E infatti questi Stati, frutto di questa assurda partizione e spartizione, non hanno mai visto la luce. Magari hanno attizzato e ancora attizzano conflitti, ma questa vicenda è finita lì.

VII) Il ritorno al tribalismo Salvo pochi casi oramai dimenticati e cancellati dalla storia, il mondo reale si sta sempre più spappolando, e così tornando alle sue origini. Da quando l’uomo pre-sapiens è sceso dagli alberi la sua organizzazione spontanea è stata la tribù. Alcune nemiche, altre affini, ma il capo è sempre stato il più anziano. Quando decedeva, il comando passava all’anziano successivo, e ogni tribù si distingueva per colorazioni diverse, feste diverse, costumi diversi e piume sui generis. L’Homo sapiens è durato poco, pochissimo, e il mondo tende sempre più a disgregarsi, tornando all’uomo pre-sapiens.

Conclusione Come ho già scritto da tempo nel libro Homo videns, la città liberal-democratica è tutta costruita sulla capacità di astrazione, su concetti che non si vedono (che sono soltanto concepibili) e che non possono essere resi visibili. Questa capacità di astrazione è distrutta dalla televisione e dal mondo della rete, per i quali esiste solo quello che si vede. Il cosiddetto «secolo breve» è stato brevissimo.

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Giovanni Sartori